La Valle dello Jato

valle jato – il turismo nella Valle dello Jato

Grotte, chiese, antichi mulini, e masserie sono solo alcuni esempi dei tanti tesori custoditi nel territorio compreso fra i monti Jato, Fiera, Signora, Dammusi e Mirabella. Baluardi di un patrimonio nato dall’incontro fra natura e cultura. Ruscelli, Regie Trazzere e suggestive mulattiere attraversano, infatti, antichi feudi coltivati oggi a vigneto. E’ il paesaggio, nel suo variegato insieme, a costituire –dunque- il vero protagonista di questo territorio ammirabile anche dalla fondovalle Palermo-Sciacca. Fra fertili colline e lembi di antichi boschi di quercia scorre il fiume Jato che nasce dalla sorgente Cannavera.

Il percorso del fiume è segnato dalla presenza di cinque antichi mulini, in funzione fino ai primi del ‘900. Silenziosi testimoni dell’antica industria della molitura. Ma Jato è soprattutto il nome dell’antica città che sorgeva sulle sommità del monte che sovrasta il paese. Un sito abitato ininterrottamente per oltre due mila anni fino al 1246, data in cui il re Federico II l’espugnò per sedare l’ultima rivolta musulmana. Dell’antica città, splendida nel periodo greco-romano, sono oggi ammirabili il teatro, l’agorà e le case a peristilio. La via più suggestiva per raggiungere il sito è sicuramente il sentiero della “Scala di ferro”, accesso medievale dell’antica Iato. E sono proprio i tanti sentieri storico- naturalistici la principale attrattiva turistica della Valle. Attraverso un’antica mulattiere è –infatti- possibile raggiungere i dipinti rupestri di Grotta Mirabella, segno inequivocabile della presenza dell’uomo in periodo neolitico. Un altro sentiero conduce invece in contrada Chiusa, dove si trovano fossili vegetali racchiusi nei blocchi di travertino.


Fra le maggiori attrattive turistiche ci sono poi le antiche masserie Jato, Traversa, Dammusi e Chiusa. Strutture, un tempo destinate alla conservazione dei prodotti della terra, trasformate oggi in suggestivi agriturismi. Testimonianze in grado di raccontare la millenaria storia di un avamposto naturale fra Palermo e la Val di Mazara. La Masseria Procura, i cui resti sono ancora visibili, era infatti il sito scelto dall’Arcivescovado di Monreale per riscuotere i dazi doganali.